Breve storia di
ALESSANDRIA DELLA
ROCCA |

Alessandria della Rocca, è posta a nord della
provincia di Agrigento tra i comuni di Bivona, Cianciana, San Biagio
Platani, S. Stefano Quisquina; è situata a 533 m. slm, sui
pendii delle colline Pizzo La Menta e Culma.Siede sopra un altipiano
leggermente inclinato da oriente ad occidente ed ha una superficie
di ettari 5793.97 costituita in maggior parte da terreno
marnoso-argilloso. Il territorio alessandrino è attraversato dai
fiumi Turvoli (affluente del Platani) che nasce dai monti di
Cammarata, e dal Rifesi o Gebbia, affluente del Magazzolo, che nasce
dai monti di Palazzo Adriano.Il clima è tiepido in primavera ed in
autunno, rigido in inverno, caldo-umido in estate a causa
dell'esposizione a ponente. |
Le necropoli sicane di Gruttiddri e
Lurdicheddra |
E' molto arduo stabilire il luogo da cui nacque e
si sviluppò Alessandria della Rocca, ma e' fuor di dubbio che i
primi insediamenti umani, presenti nel nostro territorio, hanno
riferimenti ben precisi: le antiche necropoli sicane di Gruttiddri e
Lurdicheddra. La
necropoli Gruttiddri, in contrada Chinesi, presenta numerose
camerette sepolcrali di forma circolare, perlopiù con volta
tondeggiante, scavate nella roccia. Le grotte presentano resti di
sepolture. L'assenza di elementi figurati, all'interno di esse, non
ci permette di stabilire con esattezza date ben precise, ma, il
materiale rinvenuto all'interno delle grotte stesse, rappresentato
da ceramica grossolana impressa, ci parla di una società
agricolo-pastorale, con insediamenti fissi, dal II° millennio
a.C. |
E' nei dintorni di questa necropoli, infatti,
che sono stati rinvenuti, frammenti di anfore e utensileria varia,
rapportabile a varie epoche, quali la tardo-romanica,
paleo-cristiana; pezzi molto comuni sono costituiti da tegole,
caratterizzate da un impasto che va dal giallo, al rossastro, al
grigio, sparsi tra gli alberi, a valle della necropoli Gruttiddri;
resti, questi, delle piccole abitazioni pastorali, che, assieme ai
numerosi cocci di vasellame grezzo, segno questo di una probabile
industria litica nella zona, sono rapportabili ai sec. XI°, XII° e
XIII°, al tempo dell'esistenza del Casale Chinesi nel sito anzi
descritto. |
Unici pezzi di grande valore, oltre che
storico, artistico, sono costituiti da lucerne romane e frammenti di
esse, e dalle statuette fittili, raffiguranti divinità femminili,
testimonianza, questa, di una probabile esistenza di spazi religiosi
nel settore dell'abitato.Vestigia di insediamenti, che vanno dalla
preistoria ai vari periodi della storia antica e medievale, si
possono rinvenire, come in effetti sono state rinvenute, anche in un
altro luogo, poco distante dalla necropoli Gruttiddri e precisamente
in contrada Lurdicheddra, dove, sull'omonimo cozzo, rinveniamo
un'altra necropoli, più piccola di quella anzi descritta, ma dalle
stesse caratteristiche: tombe, a forma di grotta, di dimensioni
analoghe alle prime. Il sito presenta testimonianze di antichi
insediamenti: anche qui nessun dipinto all'interno delle grotte, ma
soltanto pochi cocci di vasellame, nella zona circostante, qualcuno
di grosse dimensioni: precisamente qualche fondo di anfora o di
contenitori per derrate alimentari, ricorrenti nella produzione
indigena dei sec.VII e VI a.C. |
Resti di un altro insediamento, di epoca
successiva a quelli anzi descritti, li troviamo in contrada
Castello, dove rinveniamo i ruderi del
Castello della
Pietra d'Amico. |

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Parecchi elementi -la struttura muraria e vari
ritrovamenti, (utensileria)-, inducono a pensare che il Castello
della Pietra D'Amico sia sorto nel periodo bizantino (VIII-IX sec.
d.C.), a difesa delle incursioni di Saraceni; successivamente fu
abitato da questi ultimi, dove stabilirono quelle piccole tribù di
agricoltori che venivano dall'Africa.La presenza del Castello della
Pietra D'Amico sta a dimostrare l'importanza, nell'allora Baronia,
nel territorio alessandrino, di questa roccaforte civile e militare.
Le fattezze, dai pochi ruderi rimasti a seguito della sua
distruzione avvenuta intorno al XIII° sec., si richiamano all'arte
romanica; costruito su di un imponente masso, costituiva il perno
della economia e della difesa della zona. Durante l'occupazione
araba della Sicilia nuclei di popolazioni si stabilirono presso la
dimora sicana Gruttiddri formando dei villaggi che in seguito
divennero Casali. Nel 1244 il "Libellus de successione Pontificum
Agrigenti" ci porta a conoscenza che nell'attuale territorio
alessandrino si trovavano due casali: Scibene e Chinesi, nelle
omonime contrade, e che detti Casali versavano la decima alla chiesa
agrigentina. |
La rifeudalizzazione fra il Cinquecento ed il
Settecento, con la fondazione di nuovi centri, circa un centinaio,
tra cui Alessandria della Pietra, risponde alla primaria
preoccupazione dei proprietari terrieri di fissare stabilmente al
suolo i lavoratori. La creazione di nuove fondazioni contadine e
l'impianto di un centro agricolo, comporta l'acquisto della licenza
"populandi".Così, il primo nucleo abitativo, presente in contrada
Casteddru, si sposta verso la contrada Prato (Piratu), più ricca
d'acqua. |
Il comune, fondato nel 1570 da Don Carlo
Blasco Barresi, assunse, in principio, il nome di Alessandria della
Pietra, in onore del feudatario di quelle terre, Presti Alessandro,
e del Castello della Pietra d'Amico, nome che conservò sino al 1713,
quando, con l'istituzione dei Municipi, prese quello di Alessandria
di Sicilia e poi definitivamente con Decreto Reale del 7 novembre
1862, di Alessandria della Rocca, per onorare la Vergine SS. della
Rocca, per il ritrovamento del Simulacro, trovato prodigiosamente
nella zona detta "Rocca 'ncravaccata". |
La famiglia Barresi |
I Barresi furono signori di Alessandria dal 1542
al 1788, data di ultima investitura. Il capostipite, don Nicolò
Barresi,comprò la Baronia che comprendeva i feudi Presti
Alessandro, Solicchialora, Mohavero e Chinesi per ottocento scudi
d'oro. A lui successe il figlio don Carlo Blasco Barresi, che fondò
il comune. Tra i Barresi si distinse Donna Elisabetta Melchiorra, la
quale sposò Girolamo Napoli della nobile famiglia Caracciolo e da
allora la loro discendenza assunse il cognome di
Napoli-Barresi. |

Alessandria sorge
secondo un impianto ortogonale su croce di strada:
sull'attuale via Umberto I°, su cui si innesta ortogonalmente
e centralmente un secondo asse, di maggiore larghezza e
perfettamente rettilineo, tagliato all'epoca della fondazione
e cioè con la via Nicolò Barresi, oggi via Roma. La
pianta a crociera, semplice, ma indubbiamente esempio di una
struttura "classica", è segno di ordine architettonico: via
Nicolò Barresi, oggi via Roma, si incrocia, ai quattro canti,
con la via Umberto I°. Li Quattro Canti, o come vuole il
linguaggio alessandrino, "li Quattru Cantuneri", dividono a
croce il paese, creando i quartieri principali. Oltre ai
Quattro Canti, che segnano la struttura interna dell'abitato,
quattro croci, sistemate alle "allora" estremità del comune,
ne segnavano quella esterna. Infatti, oltre alla croce posta
al Calvario, e quella ancora esistente all'interno della Villa
Comunale, altre due, in legno, erano situate, diametralmente
opposte a queste, alla Portella ed al Convento, (quest'ultima
esistita fino agli anni '50).

I
quattro canti (li quattru cantuneri) |
Le Chiese ed i
Monumenti |
Indubbiamente la Chiesa del Carmine è
l'esempio più fine e più classico dell'arte barocca in Alessandria; particolare menzione deve essere fatta
per il singolare e colto inserto che ne nobilita il prospetto,
caratterizzato dal maestoso portale, sovrastato da una
edicola, che ospita la statua dedicatoria, la Madonna del
Monte Carmelo col Bambino e San Domenico genuflesso,
sormontata dallo stemma della famiglia Barresi, che fece
erigere la chiesa nel 1596. Spaziosa e solenne, presenta una
sola navata con abside, rivestita di stucchi ; due altari,
quello del Crocifisso e quello della Madonna, presentano degli
stucchi, attribuiti a Giacomo Serpotta ed alla sua scuola.
L'altare maggiore ha ospitato la tela dell'Annunciazione
(chiesa di S. Maria Annunziata o del Carmine), attribuita a
Guido Reni, raffigurante l'annunzio dell'arcangelo Gabriele a
Maria. |
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La Chiesa Madre fu costruita sulla
struttura della prima e
piccola chiesetta alessandrina, secentesca, dedicata a san
Nicolò di Bari; il prospetto, che si richiama modelli
post-rinascimentali, presenta, ai lati del portone principale,
due nicchie ad edicola ed una terza, più grande, sopra il
portale. Si presenta a tre navate, con transetto e cupola
sulla crociera, con la cantoria sopra l'ingresso, sorretta da
due colonne con capitello "tuscanico". Sulle pareti
bianche, scansioni e partiture architettoniche,
settecentesche, vengono visualizzate dalle cornici. Due
pilastroni dividono le navate ed il coro, che ospita due file
di stalli in legno e due tele del Panepinto, raffiguranti il
ritrovamento del simulacro della Madonna della Rocca. Sopra
l'ogiva orchestrale, una grande tela, della fine dei '600
raffigura l'Arcangelo Michele in lotta con
Lucifero. |
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Il Collegio di Maria,
fatto costruire nella seconda metà del
Seicento, presenta, all'interno, decorazioni d'ordine
corinzio. Due grandi tele settecentesche, poste sulle pareti
laterali, raffigurano: "La Sacra Famiglia" e "La Deposizione".
Sulla volta e sulle pareti, alcuni affreschi di Vincenzo
Manno, la cui famiglia avviò la transizione al gusto
neoclassico nell'ultimo '700, raffigurano scene del Nuovo e
del Vecchio Testamento, e si inseriscono nella cultura
figurativa del XVIII° secolo. |
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La chiesa del Convento -anno di fondazione
1664- presenta
un portale con timpano ad arco spezzato. L'interno, ad una
sola navata, presenta sulle pareti decorazioni e scansioni
architettoniche, settecentesche, visualizzate dalle cornici.
L'altare principale ospita una grande tela che raffigura
l'Immacolata Concezione; un monumento in marmo, che si
inserisce nella cultura figurativa del sei-settecento, a
ricordo dei posteri, è costituito dal busto che raffigura la
principessa Donna Elisabetta Melchiorra Barresi, che fece
erigere la chiesa ed il convento; sotto, una lunga epigrafe
dedicatoria di questo piccolo cenotafio. Il complesso dei
minori conventuali presenta un prospetto classico costituito
da paramenti in regolari blocchi di pietra arenaria, ove si
innesta un'orditura per paraste ed intagli lapidei, mentre una
struttura con pietrame informe e di varia pezzatura,
caratterizza, dopo il risvolto della parasta d'angolo, i
prospetti laterali e tesse le pareti di fondo del convento,
ove campeggiano i riquadri in pietra delle finestre.
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All'interno il chiostro,
costituito da una sequenza di colonne doriche ed archi a tutto
sesto e caratterizzato da volte a crociera. 

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Un affresco del XVII° sec.,
presumibilmente di autore locale, raffigura Alessandria della
Pietra, situata tra Pizzu e Curma, in cui si evidenziano,
oltre all'originario nucleo di case, le principali chiese:
quella del Carmine, l'annesso convento Carmelitano e la selva
dei carmelitani;quella del Convento col complesso dei
Frati Minori Riformati e la selva; quella delle Alme Sante del
Purgatorio, il Collegio di Maria e la chiesa Madre.
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La Chiesa del Crocifisso, costruita nel
XVII° secolo, presenta anch'essa al suo interno delle decorazioni
di stile barocco ed ospita la tela dell'alessandrino Carmelo
De Simone, dipinta nel 1838, raffigurante il Purgatorio, che,
un tempo, andava ad ornare l'altare maggiore della chiesa
delle Alme Sante del Purgatorio. |
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La Chiesa di San Giovanni, costruita agli
inizi del Seicento nell'omonimo rione, è ad una sola navata e
presenta nelle pareti laterali dei festoni in gesso che si
richiamano all'arte barocca; ospita la statua lignea di San
Giovanni Battista, risalente alla fine del '700- primi '800
che raffigura il santo, avvolto di un manto rosso bordato oro,
e con la mano sinistra reggere un agnellino.
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La Chiesa del Santuario della Madonna della
Rocca, con la
facciata in pietra tagliata, costruita sulla struttura di
quella originaria, secentesca, si affaccia su di un'ampia
scalinata; al suo interno alcuni affreschi raffigurano le
scene del ritrovamento della statua della Madonna della Rocca,
avvenuto negli anni 1620/25, il suo trasporto ai Colli di
Palermo ad opera del Principe di Resuttana ed il ritorno in
Alessandria nel 1883. Tutti gli affreschi, compresi quelli
della volta che raffigurano la Vergine Maria, sono opera del
pittore Panepinto da S. Stefano Quisquina, i cui colori,
nitidi e vivaci si richiamano alla pittura tipica della scuola
preraffaellita dell'800. L'altare maggiore ospita il simulacro
della Madonna della Rocca, ritrovato prodigiosamente a mezzo
di una cieca, intorno agli anni 1620/25: la piccola statua, in
marmo pario, risalente al sec. V-VI, raffigura la Vergine
Maria avvolta da un manto fregiato e panneggiato, con in
braccio Gesù
Bambino. | |